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07 September 2022
L’art. 1 co. 209 – 214 della L. 244/2007 prevede l’obbligo di fatturazione elettronica per tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti della Pubblica Amministrazione. In base a tali disposizioni:
L’obbligo di fatturazione elettronica verso la P.A. da parte dei soggetti passivi IVA residenti in Italia, compresi i soggetti che si avvalgono del regime di vantaggio e del regime forfetario
è stato introdotto con decorrenze differenziate a seconda dell’amministrazione destinataria dei beni o servizi, ed è stato applicato in modo generalizzato a partire dal 31.3.2015
Le amministrazioni interessate dall’obbligo sono:
Le fatture destinate alle P.A. sono emesse in formato XML (art. 2 del DM 55/2013). Il documento, provvisto di un riferimento temporale, deve essere sottoscritto con firma elettronica qualificata o digitale. La “fattura PA” deve riportare:
Per le operazioni effettuate nei confronti delle P.A. destinatarie della fattura elettronica obbligatoria l’imposta viene applicata, in linea generale, secondo il meccanismo dello split payment.
Le regole operative per la trasmissione e la ricezione delle fatture emesse nei confronti della P.A. sono definite dal DM 3.4.2013 n. 55.
Tali regole, valide nei rapporti “B2G” (business to Government), restano distinte rispetto a quelle valide per la fatturazione elettronica in ambito B2B e. In particolare, nei rapporti “B2G” è prevista la possibilità, da parte della P.A. destinataria, di rifiutare la fattura ricevuta.
Una questione assai delicata nell’ambito della fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica Amministrazione concerne appunto la gestione del possibile rifiuto del documento.
Si ricorda che tramite le disposizioni introdotte con l’art. 15-bis del DL 119/2018, sono state definite e circoscritte le cause che consentono alle Pubbliche Amministrazioni destinatarie di rifiutare le fatture.
L’Agenzia delle Entrate con il principio di diritto 30 ottobre 2020 n. 17, dopo aver ricordato che la fattura verso la Pubblica Amministrazione si considera trasmessa per via elettronica e ricevuta dalle amministrazioni solo a fronte del rilascio della ricevuta di consegna da parte del Sistema di interscambio, chiarisce che ai fini della sua emissione non rileva l’eventuale successivo rifiuto del documento da parte della PA.
Potrebbe, quindi, dedursi che in esito al rifiuto da parte della P.A., posto che la fattura si intende emessa, la rettifica dovrebbe necessariamente avvenire per il tramite di una nota di variazione.
Molte delle cause di rigetto non attengono però alla violazione di disposizioni contenute nell’art. 21 del DPR 633/72. È il caso, ad esempio, di fattispecie di rifiuto quali l’omessa o errata indicazione dei codici CIG, CUP o AIC.
In base ai chiarimenti contenuti nella risposta a interpello 26 giugno 2019 n. 208, secondo cui dall’omissione o errata indicazione di elementi non contenuti nell’art. 21 del DPR 633/72 non discende l’obbligo di emissione della nota di variazione, si potrebbe affermare che, in tali circostanze, alla fattura rifiutata debba fare seguito l’emissione di una nuova fattura rettificata.
L’Agenzia, nella risposta a interpello 28 ottobre 2019 n. 436, suggerisce una soluzione alternativa, che richiederebbe un approccio collaborativo da parte della Pubblica Amministrazione. Nel documento di prassi si afferma, infatti, che “l’omissione in fattura di elementi che non pregiudicano la validità fiscale della stessa (CIG errato o mancante) può essere sanata mediante l’invio di un nuovo documento utile ad integrare i dati mancanti nel documento originario”.
Ad aumentare i dubbi interpretativi contribuisce anche la stessa norma che ha definito i motivi di rigetto, la quale dispone che le pubbliche amministrazioni non possono comunque rifiutare la fattura nei casi in cui gli elementi informativi possono essere corretti mediante le procedure di variazione.
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