30 November 2022

COMPENSI AMMINISTRATORI

Il compenso amministratori è la retribuzione corrisposta all’amministratore di una società a seguito del ruolo che ricopre e dei compiti che svolge. Il reddito derivante dall’attività di amministratore può rientrare fra i redditi assimilati ai redditi di lavoro dipendente (corrisposti attraverso la predisposizione di un vero e proprio cedolino paga da parte della società) oppure nell’ambito dell’attività professionale, quando l’attività di amministratore può essere considerata oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della professione abitualmente esercitata.

L’amministratore di una società può rivestire tre diverse cariche:

  1. la carica di Amministratore Unico,
  2. la carica di Presidente del Consiglio di amministrazione,
  3. la carica di Consigliere di amministrazione.

Il rapporto di lavoro dipendente è incompatibile con la carica di Amministratore Unico o con la carica di Presidente del C.d.A, nel caso della presenza di un Consiglio di Amministrazione, poiché verrebbe meno il principio della subordinazione. Infatti, si ha incompatibilità tra qualifica di amministratore e qualifica di lavoratore subordinato, quando il primo possiede tutti i poteri di controllo, gestione, comando e disciplina della società. La coesistenza nella stessa persona delle figure di amministratore e dipendente è possibile nelle situazioni descritte nella Circolare Inps n. 179/1989. In particolare, nel caso di Consigliere di amministrazione è possibile l’erogazione di un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, poiché viene mantenuto il requisito della separazione dei ruoli tra il soggetto subordinato e il titolare del potere direttivo, di controllo e disciplinare.

I compensi agli amministratori delle società di capitali sono disciplinati dalle indicazioni normative in materia di S.p.a. A disciplinare questa materia è l’Art. 2389 del Codice civile, secondo il quale: “I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea”.

La delibera assembleare di determinazione dei compensi deve essere obbligatoriamente esplicita. Infatti, come viene confermato dalla sentenza n. 3774/1995 della Corte di Cassazione non è possibile considerare tale delibera implicita in quella di approvazione del bilancio. Quindi, in assenza di un’espressa delibera assembleare o clausola statuaria, all’amministratore, socio o non socio, non spetta alcun compenso.

Di conseguenza è obbligatorio inserire all’interno dell’ordine del giorno dell’assemblea anche il punto in merito alla determinazione dei compensi degli amministratori, dal momento che presenta un contenuto differente rispetto alla deliberazione di approvazione di bilancio, essendo la prima volta a controllare la legittimità di un atto e la seconda diretta alla determinazione del compenso.

Per quanto riguarda le S.r.l. non esiste una vera e propria disciplina per l’erogazione di compensi, ma non esistono ragioni per discostarsi dall’Art. 2839 adottato per le S.p.a. e dall’Art. 1709 riguardo la presunzione di onerosità, secondo il quale “Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilità dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”.

Sempre l’Art. 2389 definisce le caratteristiche dei compensi, che “possono essere costituiti in tutto o in parte da partecipazioni agli utili o dall’attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato azioni di futura emissione”. Il compenso può essere pagato con la periodicità desiderata: annuale, mensile, trimestrale, ecc. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2437/2016 ha affermato, inoltre, che l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di valutare la congruità dei compensi. Il controllo da parte dell’A.F. sulla congruità dei compensi erogati viene svolto per smascherare un’eventuale distribuzione di utili.

Sempre la Corte di Cassazione, con sentenza n. 24139/2018, precisa che il fatto di riconoscere un compenso agli amministratori non ne conferisce l’obbligo. Infatti, l’amministratore può svolgere i suoi compiti in modo gratuito, attraverso apposita clausola statutaria o contrattuale, o rinunciare al compenso anche in modo tacito.

Mentre per le società di capitali esiste una normativa specifica per disciplinare la distribuzione compensi agli amministratori, per le società di persone (S.n.c. e S.a.s.) la questione è molto discussa. Secondo la maggioranza si segue la disciplina dall’Art. 1709 del Codice civile che stabilisce che “Il mandato si presume oneroso. La misura del compenso, se non è stabilità dalle parti, è determinata in base alle tariffe professionali o agli usi; in mancanza è determinata dal giudice”, quindi anche agli amministratori delle società di persone può essere erogato un compenso. D’altra parte, secondo la Corte di Appello di Milano, nel caso in cui non sia presente il conferimento di uno specifico mandato separato dal contratto sociale, l’attività amministrativa rappresenta una qualità legata all’attività di socio; quindi, non definisce il diritto a quest’ultimo di ricevere un compenso.

Si presume, infatti, che al momento della stipula del contratto sociale il tema della soddisfazione economica del socio per lo svolgimento dell’attività amministrativa sia già stato affrontato e non ci sia la necessità di stabilire un compenso separato ulteriore rispetto alla partecipazione agli utili.

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